L’età in cui si comincia a pensare al “ritocchino” è intorno ai 40-45 anni, anche se spesso non si sa cosa fare. Ne parliamo con il Dr. Alessandro Dalla Vedova.
A quale età fare il primo filler? Se stai leggendo queste righe, molto probabilmente te lo sarai chiesta (ma la domanda vale anche al maschile) diverse volte. Secondo gli esperti,
l’età per avvicinarsi alla medicina estetica è a 40-45 anni, cioè la fascia di età “cruciale” per il futuro della pelle. In breve: se si corre ai ripari ai primi cedimenti – di nome e di fatto – la pelle vedrà ritardare i segni di invecchiamento. «Nelle donne è proprio verso i 45 anni che la pelle appare più secca e segnata dalle prime rughe, ma soprattutto si manifesta la
tendenza alla lassità cutanea, per cui il
viso sembra stia per cedere. Non meno diversamente si mostra il fronte maschile: anche gli uomini intorno a 45 anni sono interessati dai segni di invecchiamento, con la differenza che si manifestano più lentamente, poiché la pelle è più spessa. Ma in genere, il tessuto sottocutaneo si assottiglia, rendendo il viso meno tonico e dall’aspetto svuotato» spiega il
Dr. Alessandro Dalla Vedova, medico estetico.
Trattamenti di medicina estetica per i 40-45 anni
«I trattamenti di medicina estetica più efficaci per quella che potremmo chiamare “età di mezzo” sono quelli che aiutano a stimolare la produzione di nuovo collagene, la proteina responsabile della tonicità della pelle. Si organizza in fibre elastiche che letteralmente sostengono la pelle, impedendo il suo cedimento verso il basso. Insomma, il collagene è una sorta di “impalcatura” che costituisce il 90% del peso della pelle, e questo ci fa comprendere la sua rilevanza nella giovinezza.
Ebbene, prima dei 40 anni i fibroblasti, le cellule deputate alla produzione di collagene, lavorano con assiduità. Con il passare del tempo, la loro attività si riduce determinando una diminuzione di collagene. Il risultato? La pelle appare meno tonica e con la tendenza a cedere. Questo è il motivo per cui è importante ripristinare le “riserve” di collagene».
C’è un filler ideale per i 40-45 anni?
«L’ideale è poter stimolare i fibroblasti a produrre nuovo collagene, quindi più forte e più capace di reggere il peso della pelle che proprio intorno a 40-45 anni mostra i primi cedimenti. La tendenza a cedere si nota soprattutto lungo la linea mandibolare, nella zona sotto-mentoniera e a livello delle guance. Il viso appare slargato con una forma a triangolo rovesciato, cioè con la punta in alto e la base in basso, quando in realtà l’immagine della giovinezza è il contrario: il viso ha tendenzialmente una forma a V.
A proposito di
trattamenti iniettivi, c’è un filler
di nuova generazione che ha lo scopo di stimolare i fibroblasti a produrre nuovo collagene. È a base di idrossiapatite di calcio, una sostanza naturale che compone il tessuto delle ossa e dei denti che, una volta iniettato nella pelle, fornisce un forte impulso alla neocollagenesi. Il risultato si traduce in tessuti più tonici e compatti.
Ma i
vantaggi dell’idrossiapatite di calcio non si esauriscono solo nella funzione di stimolo alla produzione di collagene: è un filler che ripristina i volumi del viso e dona luminosità alla pelle».
Cosa vuol dire ripristinare i volumi del viso
«Anche se il termine “ripristinare” suggerisce l’idea di riempire un viso svuotato (dall’età o da un rapido dimagrimento), ripristinare i volumi si riferisce all’azione di riposizionare i tessuti dov’erano prima del cedimento. È proprio la riduzione di collagene a far sì che i volumi del viso si mostrino
alterati: si perde cioè ciò che gli Americani chiamano
baby fat, quell’aspetto turgido tipico della giovinezza. Se una persona di circa 45 anni confrontasse una sua foto di 20 anni prima, molto probabilmente noterebbe le tipiche “alterazioni volumetriche” con cui in medicina si indica il mix di viso smagrito e lineamenti poco definiti, come se avessero cambiato posizione».
Differenza tra il filler di idrossiapatite di calcio e acido ialuronico
Al di là delle differenze chimico-fisiche, idrossiapatite di calcio e acido ialuronico sono due sostanze che in medicina estetica hanno funzioni diverse e, di conseguenza, risultati diversi.
«
L’idrossiapatite di calcio è un filler molto versatile che, come abbiamo visto, stimola la produzione di collagene e riempie i volumi persi, senza aggiungere ulteriore volume ai tessuti. L’acido ialuronico, invece, richiama acqua e quindi tende a gonfiare i tessuti, e poi ha una funzione più che altro idratante e riempitiva delle rughe. Diverse sono anche le applicazioni e le destinazioni d’uso: solo l’acido ialuronico può essere iniettato sulle labbra, per esempio.
Entrambi i filler, idrossiapatite di calcio e acido ialuronico, possono essere associati nel contesto della stessa seduta, per un rimodellamento completo del viso, il cosiddetto trattamento full face.
In sintesi: il
filler di idrossiapatite di calcio contrasta i cedimenti cutanei, il filler di acido ialuronico riempie le rughe e volumizza i tessuti. E poi le differenze consistono nella durata: l’idrossiapatite arriva sino a 8-12 mesi, contro i 6 mesi circa dell’acido ialuronico, ma poi ogni caso è differente».
Cosa bisogna sapere prima del trattamento
Come regola generale è bene informarsi sulla qualità dei prodotti impiegati dal medico, soprattutto in caso di sostanze iniettive. «Il paziente deve sapere che il medico è obbligato per legge a utilizzare
solo idrossiapatite di calcio per uso estetico, poiché sul mercato esistono prodotti simili, ma formulati per l’uso in odontoiatria e in ortopedia. Ebbene, non è possibile
iniettare sul viso device destinati ad altre specialità, poiché sono formulati per risultati diversi.
Anche se l’idrossiapatite di calcio è una sostanza sicura e completamente riassorbibile, va precisato che ogni campo della medicina ha i suoi dispositivi medicali studiati appositamente per quell’uso. E questo è un aspetto su cui non ci si stancherà mai di fare informazione» conclude il
Dr. Dalla Vedova.
In collaborazione con Alessandra Montelli.
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