A cura di Elisa Stefanati.
Un intervento di mastoplastica serve per dare volume al seno troppo piccolo o per ridurre e sollevare un seno troppo grande o sproporzionato rispetto al resto del corpo. Bisogna ricordare che il seno è particolarmente importante per una donna perché considerato universalmente come un simbolo non solo di maternità, ma soprattutto di femminilità, sensualità e seduttività.
Alcune donne non si sentono a proprio agio per colpa della taglia del reggiseno “extra-small”; in quel caso si può prendere in considerazione l’intervento chirurgico di mastoplastica additiva per aumentarne le dimensioni. Secondo i dati della Isaps (International Society for Aesthetic and Plastic Surgery) nel 2018 sono stati oltre 1.009.200 gli interventi di chirurgia estetica, dove la mastoplastica additiva resta in pole position, con 54.000 interventi effettuati nel 2019 e un incremento del 10% nel 2020. La nuova frontiera però della chirurgia porta il nome di mastoplastica “ibrida” perché si esegue con una tecnica che combina protesi e tessuto adiposo per un risultato ultra-naturale. Ne abbiamo parlato con il Dottor Ludovico Palla, chirurgo plastico ricostruttivo ed estetico, Phd in chirurgia oncoplastica mammaria, che esercita a Roma, Milano, Bassano del Grappa.
Dottor Palla partiamo dalle protesi: non sono tutte uguali e soprattutto le protesi di ultima generazione riducono le complicanze post operatorie: quali le principali?
Attualmente sono
tre le
tipologie di protesi: le
protesi rotonde, quelle
anatomiche e le
ergonomiche. Quelle più innovative, secondo il mio punto di vista, sono certamente le protesi ergonomiche. Presentano infatti tutti i vantaggi delle protesi rotonde, ovvero se nel post-operatorio malauguratamente dovessero “girarsi” o spostarsi di qualche millimetro non subentrano complicanze delle protesi anatomiche, in quanto uno speciale gel di silicone le rende più “adattabili” alla dinamica dei movimenti mammari. Le protesi ergonomiche hanno una base rotonda ma lo speciale gel siliconico, diventando più "anatomico", si adegua meglio alla costituzione mammaria della donna nei suoi vari movimenti. Un altro concetto importante, è basato sul tipo di impianto ovvero dove si inserisce la protesi: sottoghiandolare dual plane o sottomuscolare? La
mastoplastica additiva sottomuscolare, o retromuscolare, così chiamata perché si posizionano le protesi dietro ai muscoli pettorali, mentre nella
mastoplastica additiva dual plane si prevede il posizionamento del polo superiore delle protesi dietro il grande muscolo pettorale, il polo inferiore invece risulta coperto dalla ghiandola mammaria, in quanto libero. In realtà non c’è una regola assoluta: le protesi vanno posizionate sulla base della conformazione delle mammelle di ogni singola paziente e la valutazione va fatta caso per caso.
Oggi si parla di chirurgia ibrida mammaria: che cosa si intende dottore?
In parole semplici, si procede nell’ambito di un unico intervento ad un lipofilling della parte superiore della mammella e -successivamente- si impianta una protesi di dimensioni più piccole perché il seno è già stato aumentato di volume grazie al tessuto adiposo che normalmente viene prelevato dai fianchi dall'addome o dalla regione presacrale effettuando dunque contestualmente una liposuzione della regione addominale o dal lato B rimodellando anche i glutei, tramite liposcultura.
Significa quindi rimuovere tessuto adiposo e al tempo stesso innestarlo nel seno dove va, in un piano differente, inserita la protesi, per un seno più pieno e turgido, ma con un effetto molto naturale.
Questo ha una particolare valenza se si opera in materia di oncoplastica, è corretto?
È corretto, durante le mastectomie in ambito oncologico, rimuoviamo tutta la ghiandola, e spesso anche porzioni di muscolo, la protesi va inserita poi in un secondo tempo se la mastectomia è radicale. Con la mastoplastica ibrida è possibile inserire una protesi di dimensioni più piccole e riempire il tessuto circostante con il lipofilling, quando il rischio oncologico a cinque anni ce lo permette. Le protesi di maggior dimensioni, infatti, intendo quelle dai 300-350 cc in su, possono generare un numero maggiore di complicanze negli anni, proprio perché sono troppo pesanti.Protesi più piccole dunque "rivestite" da grasso autologo.
Perché viene considerata “ultima frontiera”? Quali sono i vantaggi di questa tecnica?
Abbiamo tre tipi di vantaggi: il lipofilling, associato ad una protesi di minori dimensioni, garantisce certamente un effetto molto più naturale e lontano dalle taglie XXL che ora non sono più di tendenza. In secundis riduce nettamente le complicanze post-operatorie ed infine aumenta nettamente la soddisfazione delle pazienti, perché si sente ancor meno la protesi. La tecnica, dopo una sperimentazione Brasiliana è arrivata anche in Italia, paese che secondo i dati si conferma quinto al mondo per interventi di chirurgia e medicina estetica dopo Stati Uniti e Brasile, Giappone e Messico.
A quali tipologie di donne è consigliabile?
È intervento consigliato in particolare alle paziente con un seno di piccole dimensioni e che magari, in particolare dopo l’allattamento, presentino un polo mammario superiore svuotato.
E il lipofilling ogni quanto tempo va “revisionato” il trattamento?
Se la selezione della paziente è stata fatta in maniera accurata e quindi la persona non ha altre patologie, normalmente il lipofilling ha un attecchimento che può variare dal 50 al 70%. In molti casi -quindi- le persone già con il primo trattamento ottengono grande soddisfazione.
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