L’immagine corporea non è solo rappresentazione mentale di caratteristiche anatomiche ma anche di sentimenti ed emozioni
Il costrutto che definisce "immagine corporea" non fa riferimento unicamente alla rappresentazione mentale che un individuo ha del proprio corpo, delle caratteristiche anatomiche, fisiche ed estetiche, ma anche ai sentimenti ed alle emozioni relative alle parti che compongono il corpo stesso.
Circa due milioni di adolescenti italiani soffrono di disturbi alimentari, tra cui anoressia e bulimia. Ma c’è di più: i dati pubblicati in queste ore dall’Ordine Nazionale degli Psicologi, evidenziano un abbassamento dell’età, tanto che i primi problemi iniziano a comparire già a 11 anni e in alcuni casi, secondo i pediatri, addirittura in bambine di soli 8 anni.
Rifiuto del cibo (anoressia) o, al contrario, grandi abbuffate (bulimia) sono comportamenti disfunzionali che rischiano di invalidare profondamente la qualità della vita, e nei casi più gravi minacciano la sopravvivenza stessa. Le cause alla base sono complesse, ed i disturbi dell’alimentazione sono differenti.
Negli uomini in crescita anche la “vigoressia”
Se anoressia e bulimia, legate al controllo del peso sono i disturbi più diffusi, soprattutto nella popolazione femminile, il disturbo in aumento negli uomini, sempre più attenti al fisico: si chiama “vigoressia” o anoressia reversa: una forma di dismorfismo corporeo che porta soprattutto i più giovani, ad una continua ossessione per la definizione muscolare, l'iper-allenamento, la dieta ipocalorica e iperproteica, a cui spesso si aggiunge l'uso di sostanze illegali.
Quando l’immagine corporea negativa e distorta è spia di un disagio profondo
Numerosi studi ed evidenze cliniche sui disturbi del comportamento alimentare suggeriscono che essi sono sempre la risultante di un’immagine corporea negativa e distorta, spia di un disagio profondo, di una mancata accettazione di sé o di alcune parti di sé, di una mancanza di autostima, di insicurezza, svalutazione di sé e del proprio valore. Ci si può abbuffare per riempire un vuoto, una mancanza, un’assenza, per far fronte alla tristezza o alla noia, alla mancanza di affetto, per evadere da una situazione, per placare lo stress, per soffocare un'emozione, per superare un trauma, così come si ricerca la magrezza e la forma 'perfetta' del corpo per un bisogno di sentirsi più accettati, più sicuri, più desiderabili agli occhi degli altri o di qualcuno in particolare.
Nelle forme più estreme, una paziente anoressica, che sottopone il proprio corpo ad un controllo mefitico ed ambivalente, spesso non riesce a distinguere tra il proprio ruolo di carnefice e quello di vittima del corpo e di se stessa; infliggendosi forme di autopunizione ed autocondanna, che spesso hanno come spia un totale rifiuto di sé, ed il rifiuto dell’altro.
Sono tutti aspetti da tenere ben presenti nelle discipline mediche che hanno a che fare con i cambiamenti estetici dell’immagine del corpo. Ad esempio, anche un ricorso eccessivo a pratiche chirurgiche o estetiche che comportino una radicale trasformazione dell’immagine corporea o che snaturino in modo eccessivo il corpo in cui “abitiamo” va sempre valutato con attenzione da parte del professionista restando attenti anche all’aspetto psicologico di un intervento.
Viviamo la cultura del contenitore che disprezza il contenuto.
Se il contenitore è preminente, e si trascura l’importanza del contenuto, si va incontro ad un illusione, quella di preservare uno stato di benessere e bellezza solo apparente, che finisce per impoverire la struttura di riferimento. Nella rappresentazione psichica di sé il “tutto” è molto più della somma delle parti.
I social aggravano il problema
Oggi i normali mezzi di comunicazione in particolare i canali social sbattono in scena proprio la cultura del contenitore, facilitando confronti con modelli di bellezza in molti casi “ritoccati” quindi irraggiungibili" che rimandano ad ossessioni di perfezione del tutto disfunzionali e ben lontani dalla realtà. Nell’ossessione che tende alla perfezione, non c’è accettazione di sé, ed anche il più piccolo difetto non viene tollerato. Non esiste logica di inclusione, ma di frammentazione del corpo in tante parti e si perde la possibilità di riconnettere a sé anche gli aspetti distintivi che caratterizzano ogni persona, in vista di un’omologazione spersonalizzante.
Per comprendere appieno la componente psichica alla base di ogni volontà di cambiare condizione, aspetto, immagine, può essere utile fare riferimento al significato che porta con sé l’etimologia stessa della parola “psiche” che in greco significa “soffio”, quindi “respiro” e poiché questa è condizione del vivere viene spesso associata allo “spirito” e “all’anima”. Nel mito greco-romano Psiche era una creatura mitologica con le ali di farfalla. Difficile pensare di operare un cambiamento sulla persona trascurando la sua Psiche. Sarebbe come trascurare che la farfalla prima è stata solo un bruco. Per accompagnare ogni “trasformazione”, serve sempre un lavoro anche sull’interno per dargli “ali” e “volo”.