Nel corso dell'IMCAS Annual World Congress 2015 di Parigi, appuntamento di rilevanza internazionale per la medicina e la chirurgia estetica, sono state mostrate numerose fotografie relative ai risultati degli interventi e dei trattamenti effettuati da colleghi di altri Paesi.
Gli esiti di alcuni di essi erano, a mio avviso, molto discutibili, così come l'aspetto di alcune colleghe i cui tratti somatici risultavano visibilmente sovvertiti nelle forme, nelle proporzioni e soprattutto nei volumi.
Queste osservazioni mi hanno portato a riflettere ancora una volta sulla mission della medicina e della chirurgia estetica: mentre, già da qualche anno, io ed altri colleghi seguiamo il filo conduttore della ricerca della bellezza autentica, imperversa ancora, qui come oltroceano, una corrente di pensiero antiestetica e superficiale che continua purtroppo a fare scuola.
È triste constatare come l’aumento indiscriminato dei volumi sia considerato ancora sinonimo di aumentata bellezza. Forse questo è il modo più semplice per sostenere tessuti ormai rilassati e cadenti. Ma qual è l’effetto finale?
Visi da criceti, zigomi tipo pompelmi, labbra tipo canotti e visi plastici, senza alcuna ruga, ma anche senza alcun segno di espressione. Fossimo alla visione di una pellicola di Spielberg potremmo forse accennare alla parola Zombie!
Io personalmente ritengo che l'armonia del corpo sia data dalle proporzioni e dai loro equilibri, e che la chirurgia estetica e la medicina estetica siano gli strumenti che ci permettono di trovarli e mantenerli.
In alcuni casi, invece, pare che si sia completamente smarrito il senso estetico, che sia stato alienato il principio fondamentale della personalizzazione, quello per cui ogni trattamento/intervento dev'essere adeguato alla specifica situazione.
E non sto parlando di pazienti disposti a tutto, ma di colleghi medici, chirurghi plastici e chirurghi estetici, i quali dovrebbero avere ben chiaro il concetto di canone estetico, armonia, equilibrio e naturalezza.
Ma di chi è la colpa? Della moda? Dei mass media? Della rete? Oppure delle richieste dei pazienti?
Il punto di partenza è che la bellezza è un concetto puramente soggettivo e anche volendo individuare alcuni elementi che siano oggettivamente considerati espressione di bellezza, questi debbono poi essere declinati al singolo individuo, rendendo quindi impossibile individuare un ideale di bellezza assoluto, universale, stabile.
Il concetto di bellezza varia nel tempo a seconda delle condizioni storiche e socio-economiche. Basta ripercorrere brevemente la storia del Novecento per rendersi conto di come si sia continuamente evoluta e trasformata l’idea della bellezza della donna nell'arco dei decenni.
Basti pensare alle maggiorate del secondo dopoguerra, all'esile Twiggy dal volto di bambina in voga negli anni 60-70, alle statuarie top model anni 80/90 come Naomi Campbell e Claudia Schiffer, all'androgina e magrissima Kate Moss.
Tutti questi modelli di bellezza femminile si sono succeduti velocemente e alla stessa velocità, quando le passerelle della moda hanno idealizzato la bellezza della donna anoressica con minime forme e viso cadaverico, sono scese in battaglia le curvy per difendere la bellezza delle donne più vere, con qualche kg in più, ma dall'aspetto più sano.
La realtà è che non possiamo fare riferimento ad un ideale di bellezza unico, senza sfumature, senza possibili declinazioni perchè non esiste un modello applicabile a tutti con successo.
Purtroppo però basta sfogliare le riviste scandalistiche che seguono i divi di Hollywood e le star del cinema, della TV e della moda per comprendere che la spinta verso un modello di bellezza standard effettivamente c'è, e ad esso finiscono per ispirarsi le massaie come le donne manager, le dipendenti come le libere professioniste.
Ma cosa esprimono questi visi e questi corpi? Sono il frutto di un ideale di bellezza evoluto?
Ogni corpo dovrebbe esprimere il modo di essere della persona e l'evoluzione del gusto è, come abbiamo visto, continua e inarrestabile: ecco perchè, a maggior ragione, non possiamo affidarci ad un canone di bellezza unico e universale. Senza adattare le aspirazioni estetiche alla personalità del singolo e alla condizione fisica di partenza si finisce inevitabilmente per deformare e storpiare l'ideale stesso di bellezza e sconfinare in un attimo nel grottesco.
Alla luce dei casi che ho avuto modo di osservare, capisco perché alcuni pazienti si presentano alla mia osservazione in studio molto spaventati e, quando gli propongo di ripristinare i volumi persi per ringiovanire i tratti del volto, mi rispondono che forse preferiscono restare così come sono pur di non rischiare di apparire "finti".
È lo scotto che si deve pagare per gli errori commessi dai nostri colleghi che hanno perso di vista l'etica personale e professionale in nome della quale, a volte, bisogna anche saper dire di no ad un intervento o a un trattamento.
Solo dopo aver spiegato il mio modo di lavorare e mostrato loro le foto di pazienti già trattati sono riuscito a conquistare la fiducia di quei pazienti che avevano ormai perduto le speranze; cerco di fare altrettanto con le mie pubblicazioni al fine di promuovere la tesi per cui "bellezza = naturalezza" e spero sinceramente che anche i media scelgano di percorrere questa strada.
Dobbiamo lavorare per costruire una medicina estetica in grado di restituire ai pazienti non solo l'armonia nei tratti del viso, ma anche la stima verso se stessi. Dobbiamo spiegare loro che la naturalezza del risultato deve essere il vero canone estetico e che il loro aspetto deve rispecchiare il loro modo di sentirsi.
È importante trasmettere al paziente l’idea che la bellezza è armonia, naturalezza, equilibrio e che ciò non ha nulla a che fare con il desiderio di stupire gli amici, i colleghi, i conoscenti con il risultato post trattamento; anzi, l’obiettivo dovrebbe essere quello di riuscire a non far notare il lavoro svolto dal medico.
“Ti vedo bene”; “Hai un bel viso riposato"; “Si vede che finalmente sei felice”.
Questi sono i commenti che vogliamo ricevano i nostri pazienti.
A cura del dott. Giulio Maria Maggi ⇓ CONTATTA ⇓
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